SCRITTI SULLE METROPOLI

 

2017 

I GLADIATORI NELL'ARENA DEL COLOSSEO

L’edificazione del più celebre e grande anfiteatro del mondo il COLOSSEO (o anfiteatro Flavio*) ebbe inizio nel 69 d.C. per opera dell’imperatore Vespasiano e del figlio Tito che l’inaugurò poi nell’anno 80. La struttura che si erge in una parte della celebre Domus Aurea di Nerone comprendeva  ben 4 caserme, un’armeria vera e propria e un ospedale con annesso obitorio. L’imperatore Vespasiano scelse questo luogo, probabilmente, per cancellare il ricordo della tirannia di Nerone restituendo al popolo parte di un territorio che un tempo gli era stato negato.

La giornata tipo dei giochi gladiatori (detti anche MUNUS) era scandita da un programma ben organizzato che attirava un folto pubblico esultante ma anche spesso impietoso, avido del desiderio di decretare vita o morte. Di mattina, in apertura si poteva assistere a combattimenti tra animali. I giochi gladiatori che impiegavano animali erano detti comunemente VENATIO e nella loro manifestazione più blanda potevano essere semplicemente una sfilata di specie esotiche provenienti da mondi lontani e quindi novità che stupivano gli spettatori. Il coinvolgimento di animali nei giochi poteva essere un semplice ripiego per uccidere il criminale di turno, ma anche il pretesto per organizzare vere e proprie battute di caccia (se l’animale in questione era un toro, i combattimenti prendevano il nome di TAUROCATAPSIE). Diversamente dal gladiatore che affrontava un proprio simile l’uomo armato che sfidava un animale feroce nell’arena si chiamava VENATORES.

A metà giornata avvenivano le esecuzioni capitali di criminali o di coloro che avevano tentato di fuggire al loro tragico destino, il tutto intervallato anche con numeri comici. Nel pomeriggio, in chiusura si poteva assistere all’esibizione dei combattimenti tra gladiatori. Questi erano classificati in varie tipologie in base ad un preciso ruolo che ricoprivano nel combattimento e che prevedeva anche un abbigliamento caratteristico. Se il PROVOCATOR aveva la possibilità di appellarsi al popolo e chiedere di essere graziato altri come i CRUPELLARI  venivano uccisi con ferocia e accanimento pur di penetrare la dura armatura fatta di piastre di metallo che indossavano.

I gladiatori erano principalmente uomini resi schiavi, ma anche criminali o più semplicemente prigionieri di guerra. Tra di essi in minor numero uomini che lo diventarono per libera scelta, spinti dalla ricerca di fama e il prezzo che dovettero pagare fu la perdita di ogni loro diritto. Tra questi anche alcune donne di cui parla Tacito negli Annales, come appartenenti a famiglie di buona  estrazione sociale. (La partecipazione di donne-gladiatrici fu proibita poi in maniera definitiva nel 200 d.C. dall’editto dell’imperatore Settimio Severo).

Se la matrice culturale e di rango era assortita, l’età media era invece congrua: 27 anni di cui almeno 3, gli ultimi, trascorsi in combattimenti nell’arena.

All’epoca imperiale morire nell’arena del Colosseo significava di fatto all'essere condannati alla pena capitale. Tra i reati che decretavano questa condanna: rapina, alto tradimento nei confronti dell'impero e dell’esercito, incendio doloso, profanazione di templi oppure più semplicemente essere cristiani che non riconoscevano l’imperatore come deità. L’uccisione in pubblico dei cittadini romani che si erano macchiati di delitti invece aveva lo scopo di umiliare il reo, rinforzando l’imago del potere.

Tra le condanne era prevista la morte per mano di un gladiatore professionista o DAMNATUS AD GLADIUM; la morte causata dall’assalto di una bestia inferocita o DAMNATUS AD BESTIAS; oppure la DAMNATUS AD LUDUM che prevedeva l’iscrizione ad una scuola di gladiatura per il periodo di almeno due anni.

Le scuole di gladiatura – o LUDI – potevano essere di proprietà dell’imperatore ma potevano anche essere gestite da privati cittadini. In questi centri di addestramento, i futuri gladiatori venivano sottoposti ad allenamenti specifici dove apprendevano l’arte del combattimento corpo a corpo. Imparavano la difesa ma anche come infierire in maniera crudele contro i propri avversari. Imparavano a liberarsi dagli scrupoli, dalla pietà, dalla misericordia. 

Non tutti questi uomini accettavano il nuovo destino con rassegnazione: alcuni preferivano suicidarsi.  Altri invece, aspiravano alla gloria che la nuova condizione poteva dargli e che forse un giorno li avrebbe resi nuovamente liberi. Infatti, se il gladiatore sarebbe sopravvissuto al triennio di sangue e polvere dell’arena avrebbe ricevuto la RUDIS o spada di legno, simbolo della sua redenzione.

*in onore degli imperatori che contribuirono alla sua costruzione, tutti membri appunto della famiglia dei FLAVI. Il nome Colosseo subentrò poi, per ricordare la presenza in quel territorio di un’immensa statua di 35 metri - detta appunto il Colosso per le sue dimensioni imponenti – e che un tempo aveva celebrato i fasti di  Nerone imperatore. Fu poi consacrata al dio sole quando Nerone si suicidò in seguito alla sua caduta politica.

 

BIBLIOGRAFIA

NOSSOV KOSTANTIN, Gladiatori. Sangue e spettacolo nell’antica Roma, Libreria Editrice Goriziana, 2010

FIK MEIJER, Un giorno al Colosseo. Il mondo dei gladiatori, Editori Laterza, 2008

Per approfondimenti sulla storia di Roma antica si rimanda al volume: 

FREDIANI ANDREA, I grandi condottieri di Roma antica. Storia, segreti e battaglie, Newton Compton Editori, 2016

 

2016 

IL BOSCO VERTICALE DI MILANO E THE FLYING GARDENERS

Non lontano dall’Accademia di Brera e dal Teatro alla Scala - cioè dal centro pulsante di Milano emergono in tutta la loro maestosa originalità le nuove torri residenziali del quartiere di Porta Nuova Isola meglio note come Bosco Verticale (rispettivamente circa 70 e 100 metri di altezza).

Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti quello del Council on Tall Buildings and Urban Habitat come “grattacielo più bello e innovativo del mondo” (2015).

Esempio affascinante di come gli ultimi progetti urbanistici puntino fortemente alla valorizzazione del territorio, con viva considerazione della qualità urbana, cura e sensibilità nel creare sinergie in perfetto equilibrio tra sostenibilità ambientale degli edifici e aree verdi.

Il Bosco Verticale è circondato da un’area pedonale estesa, la più grande di Milano centro con 160.000 metri quadrati di area pedonale, 90.000 metri quadrati di giardini e 5 piste ciclabili. Rientra quindi nell’importante progetto di riqualificazione dell’area urbana che coinvolge ben 290.000 metri quadrati.

 

Progettato dallo studio Boeri (Stefano Boeri, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra) e realizzato della Colombo Costruzioni di Lecco (per Hines Italia SGR Spa).

Dal loro sito alcune specifiche tecniche: “Il progetto di Boeri Studio consiste in una prima torre da 26 piani destinata ad abitazioni, una seconda torre da 18 piani sempre per abitazioni, un edificio basso da 9 piani per uffici e, infine, una stecca di appartamenti da quattro piani; a completamento del progetto il parco di 7.000 metri quadri di spazi pubblici e tre piani interrati di box e locali tecnici”.

L’architetto Boeri ha sintetizzato l’obiettivo del progetto affermando che si tratta di “una casa per alberi che li ospita insieme agli umani”.

Questa affermazione avvalora l’impegno dell’architettura urbana moderna nel contribuire al complesso meccanismo responsabile dell’ambiente; considerando come gli elementi dell’habitat, uomo-animale-specie vegetali interagiscono e collaborano perché la qualità della vita possa migliorare per tutti.

Ecco in cifre il nuovo bosco di Milano: oltre 400 alberi di oltre 5/6 metri di altezza – 5000 arbusti – 12000 piante in vasche in facciata, scelte anche per importare specie che da tempo non si trovavano sul territorio meneghino. La disposizione del verde prevede sul lato sud-ovest le specie sempre verdi mentre le spoglianti sono collocate a nord-est.

Laura Gatti che ha prestato consulenza tecnico-agronomica per il progetto “Bosco Verticale” in collaborazione con lo studio Emanuela Borio di Azzate (VA) chiarisce anche che i criteri di selezione delle specie verdi hanno portato all’individuazione di quegli elementi in grado di avere una resistenza forte cioè capaci  di tollerare potature, altezza e l’inevitabile “… metro di spessore del substrato di coltivazione. Gli strutturisti hanno identificato una soluzione particolare che, attraverso la tecnica della post-tensione, ha consentito di contenere lo spessore della soletta; a parità di portata, quindi, molto meno cemento, e quindi maggiore sostenibilità. Il sistema vasca deve garantire un ambiente consono alla vita degli alberi e l’impermeabilità nel tempo; deve drenare, ma il terreno non può essere troppo sciolto o ne risente la stabilità della zolla; ospita i sistemi di ancoraggio, ma questi non devono ledere l’impermeabilizzazione…..” (per approfonfimenti vedi link in calce)

La manutenzione del verde è affidata ai tree climbers: Massimo Sormani - Gilberto Antonelli - Giovanni Ugo, Istruttori professionisti e arboricoltori della Scuola Agraria del Parco di Monza. Sul loro importante lavoro è stato realizzato un cortometraggio dal titolo “The flying gardeners” - giardinieri volanti.

Bello da non perdere!

 

2015


REBIBBIA  E  IL  SUO  GENIUS  LOCI

Sarà in distribuzione - a partire dal 2 ottobre 2015 - il nuovo libro di Zerocalcare alias Michele RECH,  L’elenco telefonico degli accolli, Edizioni Bao – Milano. Si tratta, come sempre, di una raccolta di  grapich novel edite in precedenza sul suo blog, a cui però  il noto fumettista romano aggiungerà altre 40 pagine inedite.

Recentemente, durante un viaggio, ho letto il suo ultimo lavoro Dimentica il mio nome che è principalmente un omaggio alla nonna materna francese, scomparsa di recente ma anche l’occasione per rivisitare la storia della sua famiglia, dalle origini a Rebibbia. Il rapporto con il suo quartiere viene  visto anche attraverso  il confronto generazionale - quello con la nonna appunto - che con eleganza aggirava l’ostacolo ogni volta che le veniva chiesto “e dove abita signora?” “oh, monsieur vicino Talenti …. Montesacro … dalle parti di Ponte Mammolo” tanto che  Zerocalcare commenta “Niente. Non se poteva dì manco fosse Voldemort.” (vedi p. 19) Lui invece, giovane sedotto da questo luogo che definisce, in un’intervista resa in occasione della realizzazione della sua opera di street art,  un mondo “a metà tra Pescara e San Francisco”. (vedi link*)

In effetti, Rebibbia è stato – da sempre – principalmente identificato con il luogo di reclusione omonimo, di condanna, di sofferenza: un luogo insomma fatto di storie dolorose.

Eppure come ogni cosa, esiste comunque un risvolto meno appariscente, più nascosto, fatto anche di storie della gente comune che da sempre abita questi luoghi e che ha imparato ad amarli e che Zerocalcare definisce “cuori grandi”. Gente che vive la periferia e che vorrebbe fosse più vivibile, più decorosa, gente che ribadisce la propria appartenenza.

Il giorno in cui Zerocalcare ha realizzato il murales di un mammuth, in bianco e nero di circa 7x5 metri quadrati, io mi trovavo di passaggio  e l’ho visto all’opera. E’ stata un’esperienza molto bella.

Di seguito il  messaggio del  suo Autore:

“Welcome to Rebibbia. Fettuccia di paradiso stretta tra la Tiburtina e la Nomentana, terra di Mammuth, tute acetate, corpi reclusi e cuori grandi. Qui ci manca tutto. Non ci serve niente.”

La realizzazione è nata a partire dalla collaborazione con l’azienda di trasporti pubblici ATAC e Più Libri più liberi che a fine 2014  hanno scelto il celebre fumettista per rappresentare il suo quartiere, tanto amato e di cui parla nei suoi racconti autobiografici.

Ora il mammuth – in questione - sembra quindi sia stato eletto a Genius Loci del IV Municipio della città di Roma, in virtù del ritrovamento dei resti di un  elefante del pleistocene rinvenuto nel 1981 durante i lavori per l’urbanizzazione dell’area e che ora è immortalato – in bella vista a tutti i pendolari – sulla parete di ingresso del capolinea della metro B della grande Roma (zona nord-est). Sul groppone, porta tutto il quartiere con il suo carico pesante e voluminoso mantenendo comunque un’andatura spedita, lanciando anche un occhiata a chi si ferma a guardarlo, forte con il suo carico di palazzi e gente.

Sempre a partire dal ritrovamento della mitica zanna d’elefante, quest’anno è stato  inaugurato il Museo di Casal de’ Pazzi dove è possibile scoprire il passato della bassa valle dell’Aniene e relativi reperti fossili animali, con ricostruzioni in 3D e voci narranti.

Riagganciandomi agli scritti del prof. Claudio Neri relativi al funzionamento e alle dinamiche dei  gruppi, già i Romani stessi attribuivano ai luoghi la capacità di racchiudere uno spirito elettivo (il Genius Loci appunto) in virtù dell’arricchirsi di memorie, storie, affetti negli anni a venire.

In questo processo, di trasmissione generazionale della storia affettiva ed emozionale dei luoghi, concorrono anche gli oggetti che avvalorano la definizione della propria identità, con quella sensazione di familiarità, di sentirsi a casa. (vedi E. De Martino in Neri Claudio e il concetto di “domesticazione degli oggetti”).

Il Genius Loci quindi oltre a promuovere il senso di appartenenza del gruppo, assicura stabilità affettiva e condivisione nei momenti di crisi o di trasformazione, in una sorta di funzione protettiva ed evolutiva: è quindi un punto di riferimento per tenere sempre unita e compatta una realtà gruppale, un microcosmo di persone che hanno radici in un luogo.

 

BIBLIOGRAFIA

NERI CLAUDIO, Gruppo, Borla, 2003

ZEROCALCARE, Dimentica il mio nome, Bao Publishing, 2014