2020
L’analisi delle dinamiche gruppali
e delle relazioni tra le persone all’interno di microsistemi aperti (cioè in
interscambio con l’ambiente esterno) ci consente di capire come gli individui
integrino pensieri e azioni in sintonia con gli altri membri; processo che
realizza la formazione dell’identità del gruppo stesso. Già negli anni
quaranta, Kurt Lewin di formazione gestaltica aveva compreso come la somma
delle parti del sistema generi - in definitiva - un prodotto nuovo con
caratteristiche proprie. Nel gruppo, quindi, l’azione del singolo che si
esplicherebbe con forze e vettori che agiscono nel campo, genera - di fatto -
un tutt’uno che è molto più della somma delle parti. Nella situazione ottimale
il risultato finale di questo processo realizza un sistema in equilibrio.
Il gruppo di lavoro - diversamente dal
gruppo in assunto di base (vedi Wilfred Bion) - si pone degli obiettivi
dipendenti dal fattore tempo e in cui primeggia il processo secondario (cioè la
mente razionale). Nel gruppo si esprime anche una modalità fantasmatica,
istintiva legata a quelle che sono le spinte inconsce condivise dai membri e
che Bion identifica come assunti di base, nello specifico:
di accoppiamento – di dipendenza (nel caso in cui – ad
esempio - al leader idealizzato venga delegata la risoluzione di tutte le
problematiche) e di attacco/fuga (situazione nella quale il gruppo è
coeso nei confronti di un nemico esterno). Pertanto, anche nel gruppo di lavoro
che si forma per integrare le competenze del singolo mirate al raggiungimento
di un obiettivo condiviso, non bisogna sottovalutare l’apporto e l’incidenza
del sommerso.
Il leader autorevole con la sua azione
regolatrice e direttiva può ovviare a conflitti interni e demotivazione del
singolo con strategie di coinvolgimento e di gratifica per gli obiettivi
raggiunti; può anche biasimare, sempre però, in un’ottica democratica ed
educativa creando scarsa dipendenza dei subalterni nei suoi
confronti. La soddisfazione nell’esecuzione dei compiti assegnati e
il grado elevato della motivazione del singolo faciliteranno l’instaurarsi,
all’interno del gruppo, di relazioni significative.
Notevole è il contributo di Watzlawich
agli studi sulla comunicazione umana (sua è la classificazione in assiomi della
comunicazione) e sull’influenza del processo comunicativo sul comportamento
(pragmatica). Per Watzlawich (Scuola di Palo Alto) l’espressività che connota
il messaggio verbale è carica di significati anche nascosti. Questo avviene
perché nella comunicazione, il non-verbale imprime fortemente nel messaggio
anche un potenziale significato meno implicito che può essere di conferma
o di negazione a quanto esprimono le parole. Quest’ultima eventualità può
generare incomprensioni, conflitti e l’instaurarsi di dinamiche
patologiche. Ampliando il discorso sulla comunicazione inefficace è
importante ricordare gli studi sul “doppio legame” che connota una situazione
paradossale ed incoerente del processo comunicativo (vedi Gregory Bateson,
anch’egli clinico di spicco della Scuola di Palo Alto e a cui si rimanda anche
per approfondimenti relativi al concetto di “schismogenesi” e distruttività
all’interno dei gruppi). Nel “doppio legame” il messaggio verbale è in palese
contrasto con quello non verbale creando nel ricevente l’incapacità di
rispondere, proprio perché l’informazione contraddittoria genera un problema
finale di codifica.
La comunicazione efficace è, invece,
quella che offre uno spazio di ascolto al ricevente che interagisce in un
ottica di “restituzione”. Quest’ultima consiste in un processo
di feedback in cui il soggetto-fonte comprende che il suo
interlocutore gli sta offrendo attenzione e giusta comprensione, confermando
che ha recepito in maniera corretta, secondo le sue intenzioni, ciò che voleva
dire. Inoltre, il messaggio verbale deve essere breve, essenziale, conciso ma
empatico, cioè: esprimi il tuo pensiero ma quello che fa poi la differenza è
anche il modo in cui lo dici.
BIBLIOGRAFIA
Daniele MALAGUTI, Fare squadra.
Psicologia dei gruppi di lavoro, Il Mulino, Bologna, 2018
Claudio NERI, Gruppo, Raffaello Cortina,
Milano, 2017
Raffaele MASTROMARINO, La gestione dei
gruppi. Le competenze per gestire e facilitare i processi di gruppo, Franco
Angeli, Milano, 2013
Claudio NERI, Stefania MARINELLI, Il
gruppo esperenziale, Cortina Libreria, Milano, 2011
2017
L'ADOLESCENZA TRA
VULNERABILITA' ED INQUIETUDINE
Oggi a causa dell’effetto
globalizzazione e della social connection le diversità tra i giovani sono
sempre meno marcate; indipendentemente dalla classe sociale, dalla provenienza
geografica e dall’età anagrafica, viviamo un tempo storico in cui l’identità culturale
non è più in sintonia con quella sociale ed evolutiva e in cui assistiamo a
quello che Miguel Benasayag definisce una sorta di “decostruzione assoluta
delle categorie; dei parametri singolari che caratterizzano i diversi momenti
della vita e le strutture generazionali”. (vedi a cura di CHIANURA L. e
QUONDAMATTEO V., 2016:37)
Inoltre la complessità della società
stessa incentiva e rafforza il permanere dei ragazzi in uno stato di
adolescenza protratta e conflittuale (vedi Marcelli D. BRACONNIER A. 2005:10).
L’adolescente è fondamentalmente un
individuo che sta vivendo un momento biologico delicato ed importante che lo
vede evolvere dal semplice mondo infantile a quello articolato e adulto in un
turbinio di novità, di bombardamenti emotivi dovuti a nuove esperienze, in cui
il corpo cambia come anche le connessioni cerebrali, con ruolo principale del
sistema limbico e della corteccia prefrontale.
“Lo sviluppo del cervello prosegue fino
a 20 anni e le parti che si sviluppano più lentamente sono le aree che
permettono il controllo degli impulsi, la maturità emotiva, il decision making
morale e la capacità di comprendere completamente le conseguenze e le
ripercussioni delle proprie azioni”. (Alessandra D.E. HERBOSCH in HADDAD
FADI, GERSON RUTH 2015:121).
Le spinte psicofisiologiche provenienti
dal proprio corpo devono quindi integrarsi con spinte emotigene e
dinamiche provenienti al di fuori dal corpo stesso, dal sistema relazionale di
nuova costruzione che porta alla generazione di nuovi schemi mentali.
L’adolescenza coincide anche con il
processo di separazione-individuazione dal proprio nucleo familiare d’origine.
Proprio per questo processo di svincolo emotivo dai genitori, l’adolescenza può
essere considerata come un lutto che deve essere elaborato, con vissuti anche
depressivi: il porto sicuro delle figure genitoriali viene abbandonato per
esplorare il nuovo all’esterno, seguendo progetti, relazioni che nascono dal
bisogno di sperimentare in piena autonomia l’affermazione di una nuova
identità.
L’imago parentale infantile onnipotente
ed idealizzata lascia il posto a un’esperienza interiore di maggiore
vulnerabilità: i genitori vengono visti anche per i loro limiti e punti deboli.
L’attenzione viene volta all’ esterno su altri individui, cioè altri adulti.
L’interesse per nuove contesti può
essere interpretato anche riagganciandoci agli studi di Piaget che hanno
evidenziato come nel periodo operativo formale (12-16 anni)l’adolescente sia in
grado di pensare in modo autonomo e alle molteplici possibili alternative che
una situazione gli può offrire.
Se poi l’adolescente ha vissuto precoci
esperienze affettive segnate da eventi traumatici che non gli hanno consentito
di vivere la separazione in maniera positiva (cioè come evento possibile ma non
irreparabile della relazione) ha di fatto costruito un’identità estremamente
fragile in cui le cui ferite narcisistiche contribuiscono in maniera
determinante a sviluppare un atteggiamento oppositivo e negativo nei confronti
degli altri. Ecco che diviene facile e scontato aggregarsi ad un gruppo di
coetanei con cui poter condividere lo stesso sentimento di estraniazione dal
mondo degli adulti.
Nel gruppo dei coetanei ma anche nella
banda egli cerca di costruire una nuova opportunità di identificazione, dove
poter sviluppare il proprio senso di appartenenza e di condivisione, dove non
sentirsi solo e diverso. La nuova identificazione in opposizione ai vecchi
modelli proposti degli adulti gli sembra più in sintonia con il suo nuovo
sentire, in linea con quell’affannoso senso di ricerca e di risposta che è
spesso agito e non mentalizzato, tremendamente impulsivo.
Del resto agli occhi dell’adolescente,
gli adulti che minacciano il desiderio di indipendenza e che si dimostrano
incapaci di comprendere i nuovi bisogni vengono considerati talvolta veri e
propri nemici da combattere. La lotta nel mondo reale cioè fisico può avvenire
in modi diversi: con conflitti agiti attraverso il proprio corpo (dai disturbi
del comportamento alimentare a problematiche a livello di dismorfofobia e non
accettazione del proprio corpo) ad azioni agite che vengono invece
attuate attraverso il suicidio, il vagabondaggio, l’aggressione nei confronti
di altre persone ma anche negli atti vandalici e nei furti.
Secondo la teoria degli ambiti (Turiel
1983; Nucci 2001 vedi Bacchini D. in L. Barone 2010) è possibile analizzare le
nuove esperienze cognitive su 3 domini:
morale/convenzionale/personale. Il contributo di questa teoria si dimostra
fondamentale per pianificare interventi educativi a scuola: aiutando a far
comprendere ai ragazzi come il comportamento sia dannoso e inappropriato
e chiedendo in maniera ferma e decisa che non sia più messo in atto ;
riaffermando il valore della norma stessa e la sua importanza; valutando la
situazione da un punto differente dal proprio consentendo quindi di
sperimentare il vissuto emozionale che la connota (imparando a mettersi nei
panni dell’altro diventa più facile empatizzare e capire dinamiche ed emozioni
sottostanti).
In tempi moderni, spesso è finito ai
clamori della cronaca il deprecabile fenomeno del bullismo dove comportamenti
di prevaricazione e soprusi nei confronti di vittime (da sottomettere) sono
incentrati sul ruolo del potere. Nell’adolescente violento e antisociale emerge
una chiave di lettura della realtà egocentrica proprio perchè “… i loro
giudizi morali sono fondati sull’analisi dei costi e benefici personali o sulla
reciprocità pragmatica, ma non possiedono uno standard interno autoregolato di
condotta”. (Bacchini D. in Barone L. 2010:359)
Sempre tra gli adolescenti “il
suicidio rappresenta la terza causa di morte tra i giovani di età compresa tra
i 10 e i 24 anni.” (Anderson e
Smith 2005: Centers of Disease Control and Prevention 2007 in Gabrielle S.
CARSON in HADDAD FADI, GERSON RUTH 2015:31)
Tra le cause scatenanti conseguenti ad
uno stress emotigeno-ambientale vanno considerate soprattutto: litigi con i
genitori, conclusione di una relazione importante, rifiuto da parte dei
compagni, difficoltà scolastiche e brutta pagella. Va comunque sottolineato che
i comportamenti autolesivi in genere, sono espressione di qualcosa che
l’adolescente non riesce ad affrontare in maniera adattiva. (Gabrielle S.
CARSON in HADDAD FADI, GERSON RUTH 2015:31).
Riagganciandomi all’importanza di
interventi di prevenzione primaria diventa fondamentale saper captare i segnali
di allarme come “Evidenza fisica di tagli o bruciature, parlare di morte o
di morire; abuso di droghe o alcool, sfiducia nel futuro, lutto recente,
cambiamenti nella personalità o nella motivazione; ritiro sociale; perdita di
interesse nelle attività; riduzione del sonno; dell’appetito, dell’igiene, e
della concentrazione; cambiamenti nel rendimento scolastico; comportamento
bizzarro e incostante; sentimenti d bassa autostima; colpa e inutilità”. (Gabrielle
S. CARSON in HADDAD FADI, GERSON RUTH 2015:43).
BIBLIOGRAFIA
A cura di Luca CHIANURA E Vittoria
QUONDAMATTEO “ADOLESCENZA E PSEUDOADOLESCENZA: NUOVE EMERGENZE E NUOVE
PROSPETTIVE”. Franco Angeli, 2016
HADDAD FADI, GERSON RUTH, LE
EMERGENZE PSICHIATRICHE NEI BAMBINI E NEGLI ADOLESCENTI. COME AIUTARE I RAGAZZI
A SUPERARE LA CRISI, a cura di Alessandro ZUDDAS, EDRA, 2015
BACCHINI Dario “LO SVILUPPO MORALE” in
BARONE Lavinia (a cura di), MANUALE DI PSICOLOGIA DELLO
SVILUPPO, Carocci Editore, 2010
MARCELLI Daniel - BRACONNIER
Alain, ADOLESCENZA E PSICOPATOLOGIA, Quinta Edizione Italiana a cura
di Massimo Ammaniti, Arnaldo Novelletto, BIBLIOTECA MASSON, 2005
FLASHBULB MEMORIES ED
ESPOSIZIONE AD EVENTI ALTAMENTE STRESSANTI
La memoria può essere autobiografica se
il ricordo si riferisce alla propria vita personale, ma più semplicemente
episodica quando il recupero della traccia mnestica si focalizza su vissuti
personali datati, lontani nel tempo.
Infine, parliamo di memoria semantica se
riguarda conoscenze di tipo generico.
Una caratteristica del ricordo è di
essere soggetto alla semantizzazione secondo cui, con il passare del tempo, si
perde abilità nell’accedere ai dettagli dell’evento stesso. Infatti, i
contenuti del ricordo si impoveriscono come una foto sfocata, il contesto è
palese ma i contorni sono poco definiti.
Müller and Pilzecker definirono con il
termine di consolidamento quell’insieme di processi mnemonici che
trasformano i nuovi ricordi – informazioni fragili e potenzialmente soggette
alla distruzione – in ricordi stabili, resistenti al disfacimento.
Si distingue poi il consolidamento
sinaptico, che ha una durata di minuti oppure ore e che agisce a livello delle
sinapsi in quanto tali, dal consolidamento sistemico che dura mesi, anni e che
avviene a livello dei circuiti neurali (causandone la graduale
riorganizzazione).
Il MODELLO STANDARD DEL CONSOLIDAMENTO
afferma che l’informazione in ingresso provoca l’attivazione di aree cerebrali
specifiche, sensoriali, cognitive, ect.
Per far si che l’attività sollecitata da
questo evento venga ripartita nei vari distretti cerebrali, la corteccia invia
segnali all’ippocampo (nel lobo temporale). Anche se, la corteccia prefrontale
è comunque coinvolta nell’LTM.
Il primo step del processo di
consolidamento avviene tramite la riattivazione, mediante cui l’ippocampo
riproduce il circuito neurale associato al ricordo stesso. Questo ponte
corteccia-ippocampo fa si che quest’ultimo rivesta un ruolo di “collante” (vedi
Goldstein E.B., 2015:232-233) assemblando le rappresentazioni delle varie
memorie raccolte in aree del cervello diverse.
Il processo di aggiornamento consente di
creare una nuova mappa cognitiva: questo accade ad esempio nel percorrere una
strada per una destinazione definita variandone il percorso nel tempo: punto di
partenza e di arrivo rimangono identici, varia invece il percorso che ho
intrapreso. Per cui la nuova mappa automobilistica porta all’aggiornamento
della mappa mentale.
Nell'elaborazione dell'informazione e
nell'archiviazione di queste rivestono un ruolo fondamentale anche le emozioni
(amigdala).
Eventi di grandissimo impatto emotivo,
tragici e con sovraespozione mediatica generano "ricordi particolari"
nello spettatore; Roger Brown e James Kulik (1977) li chiamarono FLASHBULB
MEMORIES.
Il soggetto non è quindi il protagonista
dell’episodio, ma colui che lo contempla. La scena a cui assiste genera poi un
ricordo "come fotografico" del momento in cui ha appreso la notizia
per la prima volta (dove si trovava, cosa stava facendo, ect.).
Rispetto ad altri ricordi, la
circostanza grandemente emotigena favorisce il perdurare nel tempo, con
dettagli e particolari vividi seppur anche questi ricordi siano soggetti al
decadimento.
Il parlare dell’avvenimento facilita la
ripetizione evocativa che unitamente all’esposizione a fotografie e/o filmati
rafforzano il persistere del ricordo (REHERSAL o ripasso).
I flashbulb memories sono contraddistinti quindi da alta frequenza rehersal e
da condivisione sociale che coglie il soggetto con effetto sorpresa che può
essere anche drammaticamente violentissimo.
La memoria non cosciente (implicita) è
invece caratterizzata da fattori quali: il condizionamento, la memoria
procedurale e infine dal priming. Quest’ultimo “… può essere definito come
l’attivazione, ad opera di un input sensoriale, di un’informazione già presente
nel magazzino, della memoria a lungo termine. L’informazione attivata diventa
allora più accessibile, e può cambiare la percezione o la concatenazione dei
pensieri di una persona. Questa attivazione non viene esperita a livello
conscio tuttavia influenza la coscienza…Vi sono forti indizi del fatto che
questa attivazione può avvenire anche quando lo stimolo che scatena il priming
non è percepito a livello cosciente”. (Gray P., 2012:357)
Per concludere “I ricordi non sono
immagini dormienti nel nostro cervello che possiamo rievocare a nostro
piacimento; sono invece elementi labili e passabili di continue modificazioni,
dovute al tempo trascorso, al nostro stato emotivo, al contesto, alla nostra
conoscenza generale del mondo e a quella specifica di quel particolare evento e
di altri simili”. (D’AMBROSIO ANTONIO, M. LUNA, 2010:83)
BIBLIOGRAFIA
GOLDSTEIN E. BRUCE, Psicologia
cognitiva, Piccin, 2015
GRAY PETER, Psicologia, Zanichelli, 2012
D’AMBROSIO ANTONIO, La memoria del
testimone. La tecnica dell’intervista cognitiva con l’adulto e il minore.
Aspetti giuridici, teorici e pratici. Contributi di A. D’Avino, E. Volpe, M.
Luna, Prefazione di Ron Fisher, Franco Angeli, 2010
LA MENTE
SECONDO JUNG
L’opera di Jung è estremamente densa ed
articolata. Una cosmogonia di studi e ricerche ispirati, prevalentemente,
da un’inarrestabile processo di autoinvestigazione e autosperimentazione.
Il Libro Rosso - Liber Novus ne è una
dimostrazione pratica: gli esercizi di immaginazione attiva si alternano a
momenti di riflessione per cogliere connessioni e significati nascosti.
L’impegno ad “individuarsi” cioè a divenire individuo singolo avviene
attraverso integrazione e sviluppo di varie componenti della propria
personalità (in relazione alla personalità contemporanea umana in senso
generale). Il fitto taccuino del 1917 in cui annotava i propri sogni per la
comprensione e l’accesso al mondo inconscio, include esercizi di svuotamento
della coscienza, immersione intenzionale e spontanea nell’analisi dei contenuti
psichici più silenti.
Nella teoria junghiana la psiche è
definita dall’interazione dinamica (di tipo compensatorio e complementare) che
avviene tra i fenomeni coscienti (in cui l’Io è il soggetto stesso della
coscienza) e i contenuti inconsci. Ecco come lo stesso Jung definisce
l’inconscio: “Tutto ciò che io so, ma a cui momentaneamente non penso;
tutto ciò che per me una volta è stato cosciente, ma che ora è dimenticato;
tutto ciò che viene percepito dai miei sensi, ma che non viene notato dalla mia
coscienza; tutto ciò che io sento , penso, ricordo; voglio e faccio senza
intenzione e senza attenzione cioè inconsciamente; ogni cosa futura che si
prepara in me e che affiorerà alla coscienza solo più tardi; tutto questo è
contenuto nell’inconscio”. (Jung C.G.,2015:262-3)
E’ quindi nell’inconscio stesso che Jung
trova “i germi di successivi contenuti coscienti” (Jung C.G. L’Io e
l’inconscio, 2012:30) e in cui albergano cose rimosse e dimenticate.
L’inconscio è una struttura bipartita e
si distingue in inconscio personale e inconscio collettivo. Il primo contiene
tutti i materiali assimilati nel corso della propria vita, in stretta
associazione con tutti quei fattori di matrice psicologica che possono
diventare parte della mente cosciente (e che coincide quindi con l’Ombra);
mentre l’inconscio collettivo è quella struttura cerebrale ereditata dai nostri
antenati, ricca di memorie ataviche anche lontanissime.
Nell’introduzione di Sonu Shamdasani al
Liber Novus (vedi p. LXXIX) egli osserva come “Nel 1918, in un saggio
intitolato sull’inconscio, Jung osservò che ognuno di noi si trova a cavallo
tra i due mondi della percezione sensibile e della percezione inconscia. Una
distinzione che rispecchia il suo personale vissuto in quel periodo. Se per
Friederich Schiller l’accostamento di questi due mondi poteva avvenire
grazie all’arte, per Jung la conciliazione tra verità razionale e verità
irrazionale può esercitarsi non tanto nell’arte quanto piuttosto nel simbolo,
perché il simbolo contiene per sua natura ambedue gli aspetti, quello razionale
e quello irrazionale”.
Jung coglieva inoltre la complessità dei
fenomeni coscienti che sono esperiti in un grado di intensità anche mutevole.
Infatti scrive, “... io faccio e io sono cosciente di ciò che faccio
esiste una differenza abissale, non solo, ma a volte addirittura una vera e
propria antitesi. Vi è quindi una coscienza nella quale predomina l’inconscio,
e vi è una coscienza nella quale domina la consapevolezza”. (Jung
C.G., 2015:265)
BIBLIOGRAFIA
SMITH C. MICHAEL, Jung e lo
sciamanesimo, Ed. Amrita, 2016
JUNG CARL GUSTAV, La dimensione
psichica. Raccolta di scritti, a cura di Luigi Aurigemma, Bollati Boringhieri,
2015
JACOBI JOLANDE, La psicologia di C.G.
Jung, Bollati Boringhieri, 2014
JUNG CARL GUSTAV, Coscienza Inconscio e
Individuazione, Bollati Boringhieri, 2013
JUNG CARL GUSTAV, Il libro rosso. Liber
Novus, Indroduzione di Sonu Shamdasani, Bollati Boringhieri, 2012
JUNG CARL GUSTAV, L’Io e l’inconscio,
Bollati Boringhieri, 2012
2016
TUTTI GLI ATOMI DEL TUO CERVELLO. Viaggio affascinante nelle cellule del
sistema nervoso centrale (SNC)
Le moderne neuroscienze comprendono studi crociati in campi di ricerca scientifici che spaziano da quelli di matrice genetica, alla biochimica energetica neurale, ai meccanismi biologici che intervengono nei processi dell’apprendimento con il fine di decifrare la complessità dei circuiti e delle mappe neurali e relativi funzionamenti (meccanismi di azione del circuito sensoriale, emozionale, mnemonico e di controllo del comportamento). Tutto questo partendo dall’osservazione – tutt’altro che banale – secondo cui i processi mentali sono il risultato finale di operazioni di tipo elementare che vengono a sommarsi.
Infatti, per esplorare il cervello bisogna considerare
che la cellula nervosa (il neurone) - seppur nella sua sofisticata
struttura – non può essere ritenuta la centrale d’analisi delle informazioni,
ma è piuttosto la fitta rete di connessioni tra i vari neuroni cioè che
permette la codifica e l’analisi finale di tutti i dati incorporati.
Le molteplici connessioni possono essere classificate
in due grandi mappe neurali: una di tipo sensoriale e l’altra motoria. Quindi
un universo lontano dai nostri occhi, ma dentro di noi, fatto di cellule e
ancora cellule, la cui funzionalità specifica è il risultato delle particolari
connessioni che vengono a crearsi nel percorso intricato all’interno del
sistema nervoso, come autostrade che incontrano in parallelo altre autostrade e
raccordi. Il segnale percorrendo connessioni varie, viaggiando e correndo a
velocità che non siamo in grado nemmeno di immaginare, alla fine giunge
modificato rispetto a quello che era originariamente.
Quando si parla del sistema nervoso centrale (cervello
+ midollo spinale) bisogna pensare in grande perché le cellule che lo
compongono sono miliardi e miliardi e ogni neurone comunica con altri (sinapsi)
attraverso una rete di migliaia di connessioni completando distanze anche
superiori al metro di lunghezza.
Si consideri come un neurone può formare mediamente
1.000 connessioni sinaptiche e avere afferenze anche superiori (si suppone
addirittura fino a 10.000: per esempio le cellule del Purkinje – che si
trovano nel cervelletto - ne ricevono fino a 100.000).
Fermo restando che le principali difformità tra
neuroni sono dovute a differente corredo molecolare, la morfologia di base di
una cellula nervosa è contraddistinta da:
***un corpo cellulare nel cui nucleo è archiviata
l’informazione genetica
***i dendriti che analizzano gli elementi di ingresso
dell’informazione
***l’assone che è un prolungamento del corpo della
cellula nervosa, addetto alla ritrasmissione del segnale/impulso nervoso ed
quindi elemento che veicola l’informazione in uscita dal neurone stesso (la
capacità di trasmissione oscilla tra 0,1 mm e 3 m)
***le terminazioni presinaptiche disseminate di zone
attive fondamentali per la liberazione dei neurotrasmettitori.
La particolare morfologia e fisiologia del neurone
stesso determinano il coordinamento delle attività metaboliche cellulari
(omeostasi); la ricezione-trasmissione-integrazione degli impulsi di natura
bioelettrica fino alla produzione di sostanze chimiche che sono in grado di
modificare altre cellule (funzione di tipo neuromodulatorio).
In generale i segnali d’entrata generano un segnale
locale di tipo graduato che si propaga su un circuito di tipo elettrico mentre
quelli in uscita sono su base chimica (liberazione di un neurotrasmettitore a
livello della fessura sinaptica con conseguente amplificazione del segnale).
L’impulso elettrico che viene trasmesso ai vari
neuroni prende il nome di potenziale d’azione e la sua propagazione avviene
sulla base del “principio di tutto o nulla” (ampiezza di 100 mV
durata di 1ms approssimativo) ossia tutti gli stimoli che sono sopra il
livello di soglia sono l’evento di innesco del segnale di trasmissione.
Il potenziale d’azione insorge per via degli influssi
ionici che percorrono i canali voltaggio – dipendenti mentre il potenziale di
membrana è la risultante della separazione di cariche elettriche di polarità
differente che avviene a livello della membrana plasmatica: quale canale ionico
verrà aperto in risposta alla liberazione del neurotrasmettitore e ciò che farà
si che si determini un effetto di tipo eccitatorio oppure inibitorio.
Ma tornando alle sinapsi dobbiamo distinguerne due
tipologie: quelle di tipo I e II di Gray. Quelle di tipo I sono generalmente
glutammatergiche ossia eccitatorie, diversamente da quelle di tipo II che sono
per lo più gabaergiche cioè con azione inibitorie: comunque in generale nel
SNC, le sinapsi che avvengono sulle spine dendritiche sono di tipo eccitatorio
mentre quelle a livello delle terminazioni assonali sono di matrice
modulatoria.
Perché si formino le sinapsi e quindi i neuroni
entrino in contatto reciprocamente, le varie terminazioni nervose devono saper
identificare la cellula bersaglio e la relativa membrana postsinaptica deve
rispondere in maniera micrometricamente precisa al neurotrasmettitore; la
precisione spaziale garantisce la velocità di flusso del neurotrasmettitore e
la possibilità che l’informazione divenga stabile e durevole nel tempo.
Infine, la cellula deve possedere una capacità plastica tale per cui
l’esperienza e quindi gli influssi esterni siano in grado di modificarla
rendendo quindi la sinaptogenesi in definitiva un processo
assolutamente interattivo.
Tra le azioni sinaptiche implementate da
neurotrasmettitori di tipo chimico, la più interessante ai fine della
comprensione della sinaptogenesi è quella secondo la quale i neurotrasmettitori
rispondono a secondi messaggeri che fosforilano proteine capaci di
regolare i processi di trascrizione e quindi la trasmissione genetica
provocando la modificazione di proteine preesistenti o diversamente innescando
la sintesi di nuove proteine. (Tale azione sarebbe alla base dei meccanismi
delle memoria a lungo termine).
La plasticità neurale è la risultante di due fenomeni:
sprouting o gemmazione (nuove connessioni sinaptiche si sviluppano tra i vari
neuroni) e neurogenesi secondo cui le nuove cellule si sviluppano a partire da
cellule staminali. La rigenerazione neurale avverrebbe a partire dal rilascio
di elementi di tipo neurotrofico emessi dalle cellule nervose che sono state
danneggiate o dalla funzione vicaria di altre cellule.
Ma tornando al neurotrasmettitore liberato esso è
composto di molecole molto piccole tipo l’L-glutammato, l’acetilcolina oppure i
polipeptidi (ad esempio le encefaline). Tali molecole sono localizzate a
livello delle vescicole sinaptiche: a partire dalle zone attive le vescicole
muovono verso la membrana plasmatica con cui si fondono nel tipico processo di
esocitosi. Il segnale di liberazione del neurotrasmettitore (evento definito da
pacchetti unitari detti quanti) avviene in maniera graduata e la quantità con
cui viene liberato è dovuta alla frequenza con cui avvengono i potenziali
d’azione (potenziale sinaptico quantale).
L’intera impalcatura del SNC è comunque sostenuta
dalle cellule gliali che si distinguono in microglia (implicate nei
processi di fagocitosi che conseguono infezioni e traumi) e macroglia
(astrociti e cellule di Schwann e relativo ruolo nella mielinizzazione nervosa
e oligodendrociti). Le cellule gliali sono implicate però anche in altri ruoli:
intercettano e localizzano i neurotrasmettitori e guidano la migrazione dei
neuroni intervenendo nel processo della crescita delle diramazioni
assonali. Altra funzione vitale è quella di strutturare la barriera
emato-encefalica impedendo alle sostanze di natura tossica di raggiungere il
tessuto cerebrale.
SCHEDA IPERSEMPLIFICATA DELLE SEZIONI
DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE (Snc)
MIDOLLO SPINALE e relative
segmentazioni
(regione
cervicale/toracica/lombare/sacrale)
la cui funzione principale consiste nel
raccogliere tutte le informazioni provenienti dai canali sensitivi (come
afferenze da cute, muscoli e articolazioni)
BULBO che regola le funzioni digestive,
la respirazione e il ritmo cardiaco (controlla quindi anche le funzioni
viscerali)
PONTE che predispone la trasmissione
di tutte le informazioni che riguardano il movimento provenienti dagli emisferi
cerebrali e che vengono dirette verso il cervelletto
CERVELLETTO deputato alla regolazione,
ampiezza, forza e parametri dei movimenti
MESENCEFALO per il controllo dei
movimenti oculari e dei riflessi visivi ed uditivi
DIENCEFALO dove si trovano
localizzati talamo e ipotalamo.
TALAMO: stazione di ritrasmissione
selettiva di tutte le informazioni sensoriali che devono raggiungere il
neocortex: oltre a smistare i segnali, li filtra, stabilendo quali informazioni
devono arrivare a livello della coscienza.
IPOTALAMO: riveste invece un ruolo
elitario nel sistema motivazionale del cervello perché regola l’omeostasi e la
riproduzione della specie.
EMISFERI CEREBRALI che si compongono
della corteccia cerebrale e delle strutture profonde (nuclei della
base/ippocampo/amigdala).
L’analisi cognitiva – parliamo quindi del vertice
gerarchico di questo lungo processo di afferentizzazione – avviene a livello
della corteccia cerebrale che è quadripartita (cioè ha quattro lobi
specializzati e funzionalmente distinti) ed è composta di quattro strati
che presentano anche vie di uscita.
Le sue particolari cellule si chiamano neuroni di
proiezione ed interneuroni mentre in quelle subcorticali si trovano i nuclei
(gruppi funzionali di neuroni specifici).
BIBLIOGRAFIA
A cura di Maria Teresa DANIELE, Vincenzo
MANNA, Mario PINTO, STRESS,TRAUMA E NEUROPLASTICITA’. LA
PSICOTRAUMATOLOGIA TRA NEUROSCIENZE E PSICOTERAPIA, 2014, Alpes
Stanislas DEHAENE, Coscienza e
cervello. Come i neuroni codificano il pensiero, 2014, Raffaello Cortina
Editore
Eric R. Kandel ,
James H. Schwartz, Thomas M. Jessell, Steven A. Siegelbaum, A. J. Hudspeth,
PRINCIPLES OF NEURAL SCIENCE, Fifth Edition, 2013 The McGraw Hill Companies
Inc.
2015
PSICOLOGIA DEL TURISMO E COGNITIVE MAPPING
(J. Steinbeck in Gatti F. - Puggelli R., 2006:1)
In ogni luogo del mondo esiste una
persona con la sua storia che si muove in uno spazio fatto di aree/ perimetri/
paesaggi/ fenomeni culturali/ norme. Con il tempo questa persona costruisce con
le sue molteplici esperienze un benessere interiore che gli viene anche dalla
familiarità e dalla sicurezza nel conoscere l’habitat dove vive stabilmente e
in cui risiede: egli è quindi la specie endogena che interagisce con il turista
che è solo di passaggio e che è definito, invece, come la specie
aliena.
Ma la specie endogena - cioè il
residente - può egli stesso diventare specie aliena nel momento in cui decide
di partire per un viaggio in terra lontana e questo a prescindere dalla
motivazione di base: ossia, l’estraniamento a tutto ciò che è abituale diventa
un viaggio anche dentro di sè. Questo anche perché il viaggio porta inevitabilmente
a doversi confrontare con incognite che richiedono apertura mentale a
nuove conoscenze e abbandono – seppur temporaneo – a tutto ciò a cui
apparteniamo.
Infatti, tutto quello che noi facciamo è
riconducibile ad un contesto e questo fa si che la nostra identità sia
interconnessa al luogo fisico in cui ci troviamo o sperimentiamo i nostri
vissuti.
Esistono però anche i
cosiddetti “<cronotipi> ossia posti speciali in cui il
tempo e lo spazio si intercettano e si fondono. E’ come dire che in certi
luoghi/tempi accadono certe cose (si pensi a come la giornata festiva sia
caratterizzata da certe attività in certi spazi…Questa connotazione
spazio/temporale, inoltre, da anche ordine a cosa è bene/male fare: in questo
senso ci sono attività “da turisti” che possono essere connotate negativamente
(per esempio comprare souvenir); se, però, le stesse attività vengono fatte in
certi luoghi/spazi assumono un significato positivo”. (Gatti F. – Puggelli
R., 2006:10)
Passando dal contesto
all’individuazione delle fasi che definiscono il comportamento del turista
quali anticipazione – viaggio di andata – comportamento sul luogo – viaggio di
ritorno – ricordo, possiamo affermare che il comportamento in
generale è motivato dal desiderio di spostarsi volontariamente e per un tempo
definito diversamente dall’emigrante che non può ritornare quando vorrebbe e
dal nomade che non vive in un luogo stabilito e continuativo.
Il turista viaggia perché è in cerca di
novità, di movimento oppure è a caccia di sensazioni (turista sightseer) ma
anche perché vuole solo relax, buoni servizi (turista vacationer). Raggiunta la
meta e mescolandosi in territori-altri il turista interagendo con le
popolazioni locali influenza un atteggiamento, con un feedback che
può avere varie sfaccettature che vanno dall’euforia all’apatia (quest’ultima
dovuta a una sorta di tolleranza per benefici economici) fino all’antagonismo
vero e proprio che si manifesta nel momento in cui il turista accede, in
maniera inopportuna, per esempio, ad infrastrutture residenziali. (Per
approfondimenti vedi studio realizzato con il supporto della Commissione
Europea (AA.VV.,2000 in Gatti F. – Puggelli R., 2006:81-82)
Per sintetizzare, riallacciandomi alla
categorizzazione di Baroni, i temi principali su cui si focalizzano gli
obiettivi e l’analisi della psicologia applicata all’ambiente sono:
- la
DIMENSIONE propriamente FISICO – SPAZIALE in cui agisce il
comportamento e quindi l’universo personale e la privacy ma anche il concetto
di territorialità;
- l’ENVIRONMENTAL ASSESSMENT che
consente nel valutare affettivamente e cognitivamente l’ambiente intorno a noi;
- lo STRESS AMBIENTALE quale fattore che
genera disagio (inquinamento, rumori assordanti, ect)
- il COGNITIVE MAPPING ovvero lo studio
delle mappe cognitive per la comprensione di come sia possibile orientarsi e
comprendere i percorsi. (Baroni in Gatti F. – Puggelli R., 2006:70)
Nuovi itinerari devono essere
memorizzati, archiviati e altro ancora. Infatti, questa nuova rappresentazione
al pari di una fotografia, fissa nella nostra mente, un preciso ambiente
secondo i ricordi associati ad essa (memoria), le conoscenze qualitative e
quantitative di quel luogo (oggetti presenti e rilevanti) e esperienza
percettiva e fenomenica del luogo stesso (risorse ma anche ostacoli associate
ad esso). Per meglio capire questa definizione articolata – riallacciandomi al
modello di Kevin Lynch e agli assunti di base individuati da questo studioso,
la mappa cognitiva di un luogo è definita da:
- percorsi come strade,
viali, ect. (paths);
- piazze, parchi, ect. in
quanto espressione di caratteristiche fisiche molto diverse
(districts);
- elementi di demarcazione e
confine come possono essere i muri che dividono aree ambientali differenti
(edges);
- semafori, monumenti possono quindi
essere presi come punti di riferimento continuativi (landmarks);
- incroci che identificano i punti
in cui convergono differenti strade (nodes).
La mappa mentale favorisce quindi
l’orientamento proprio perché consente di avere un riferimento stabile, di
facile accesso mnemonico che è integrato poi dal “sentire in senso affettivo
quel preciso luogo” sia con risvolti positivi che negativi a seconda della
propria esperienza vissuta interiormente.
Il turista deve orientarsi in un luogo a
lui sconosciuto, in cui non è mai stato e per farlo utilizza una
sorta di prototipo dello schema che in principio classifica le informazioni
soltanto in base alle qualità fisiche. Poi successivamente i vari elementi
dell’ambiente vengono associati ed integrati tra di loro, si creano quindi
connessioni tra i vari landmarks. Queste “isole di conoscenza”
(2012:386-387) vengono poi messe in relazione tra di loro al fine di
realizzare un “sistema generale di riferimento” (ibidem) che si avvale anche di
riferimenti quali i punti cardinali per esempio. Per meglio far comprendere
questa impalcatura cognitiva Baroni e D’Urso (ibidem) affermano “come
nell’apprendimento infantile, si passa da una fase di conoscenza egocentrica
basata solo su poche esperienze personali, a una conoscenza condivisibile,
basata su coordinate ambientali indipendenti dal soggetto e valide
per tutti. In questa fase finale anche le distanze tra i vari elementi
dell’ambiente vengono rappresentate nella mappa cognitiva”.
Bibliografia
MARIA ROSA BARONI – VALENTINA
D’URSO, Psicologia generale, 2012, Giulio Einaudi Editore
A cura di FABIANA GATTI – FRANCESCA
ROMANA PUGGELLI, Nuove frontiere del turismo. Postmodernismo, Psicologia
ambientale e nuove tecnologie, 2006, Hoepli
AA.VV., 2000, Atteggiamento delle
popolazioni locali nei confronti del turismo in A cura di FABIANA GATTI –
FRANCESCA ROMANA PUGGELLI, Nuove frontiere del turismo. Postmodernismo,
Psicologia ambientale e nuove tecnologie, 2006, Hoepli; pagine
81 -82
IL CAMBIAMENTO COME
CRASH DIVING
Per quanto ne sappia io, il “crash
diving” è una manovra d’emergenza in seguito alla quale - per esempio - un
sottomarino devia repentinamente la propria rotta per sfuggire ad una
situazione di minaccia. Il suo comandante deve essere lucido, orientato, rapido,
determinato, pronto a virare con urgenza per assecondare l’istinto di
sopravvivenza e cambiare itinerario.
Ho pensato quindi di prendere in
prestito dalla nautica questo termine, per descrivere una situazione
psicologica innescata da un evento critico, senza però che questo degeneri in
trauma psicologico. Non si tratta nemmeno della situazione che colpisce un
individuo nel corso di una catastrofe collettiva, si tratta piuttosto di una
situazione singola in cui l’evento non è condivisibile con altri.
Tornando al nostro sottomarino - esposto
ad un grave pericolo - proviamo a spiegare che cosa sta succedendo al nostro
comandante che tranquillo procedeva negli abissi marini. In primis, la sua
attenzione viene sollecitata ed ecco i 3 sistemi cerebrali chiamati in gioco:
*arousal (o attivazione) con allerta di tutto il sistema neurovegetativo come a
dire “preparati alla novità!!"
**sistema posteriore (in primis corteccia parietale posteriore) responsabile
del rilevamento, della localizzazione nello spazio, colore e forma degli
oggetti con l’obiettivo di identificare la fonte di minaccia in termini
spaziali “quanto è grande? dove è localizzato?”;
***sistema anteriore (in primis corteccia fontale) che pianificherà l’utilizzo
di ciò che è stato rilevato in senso informazionale. Tale peculiarità fa
si che questo sistema venga equiparato all’ufficiale esecutivo nel complesso
comando del processo di attenzione selettiva. (vedi Atkinson & Hilgard’s,
2011: 185-189)
Inevitabilmente, il nostro comandante
prova paura intensa (per approfondimenti sulla psicologia delle emozioni si
rimanda a D’Urso – Trentin: 1998)
Questa emozione riveste un ruolo
funzionale e protettivo che genera il riflesso di evitamento producendo poi una
serie di reazioni psicofisiologiche importanti: aumento del battito cardiaco e
dell’irrorazione sanguigna ai muscoli, piloerezione, reazione di fuga
(per attivazione del sistema nervoso simpatico).
Viene inoltre chiamata in gioco
la conoscenza dichiarativa procedurale per decidere cosa sia
necessario fare. Bara parla poi anche di “cognizione incarnata” (2007: p. 31)
per sottolineare la rilevanza del “pool genetico specifico” (2007: p. 30) ossia
del ruolo massivo del corpo e del suo bagaglio ereditario nel comprendere il
mondo che ci circonda e quindi “l’intreccio con l’azione, la connessione con il
mondo fisico, sociale”. (2007: p. 31)
A tutto questo bisogna poi inglobare il
fattore velocità di elaborazione dell’informazione e quindi prontezza nella
risposta (per approfondimenti su questi studi vedi Robert J. Sternberg
e la teoria tripolare dell’intelligenza – secondo il quale le
teorie cognitive, in generale, individuano 4 tipi di variabili che intervengono
nel processo di elaborazione dell’informazione e hanno quindi un peso decisivo
anche sul fattore intelligenza: a) velocità pura b) velocità di scelta c)
velocità di recupero lessicale d) velocità dei processi di ragionamento. [Per
approfondimenti anche in relazione alle ricerche effettuate si rimanda al testo
di Miceli S., Gangemi A., 2011]
Sempre Bara – in relazione ai meccanismi
mentali e al processo di cambiamento – sottolinea come esista
un Generatore di Pattern esclusivo che produce specifici “stati
somato – mio - viscerali, emotivi e cognitivi” (2007: p. 50) che definiscono
quella sensazione personale, soggettiva, assolutamente particolare di trovarsi
in un determinato vissuto cognitivo – emozionale che genera pensiero e azione
specifici.
Le varie componenti intervenienti sono
sentite come fattori potenziali, adeguati e forse anche migliorativi rispetto a
quelli sperimentati in esperienze simili del passato del nostro comandante.
Il Generatore di Pattern è designato
quindi a costruire il nuovo circuito neuronale che integra la percezione con
l’elaborazione e infine produce l’azione, il tutto in modalità upgrade, cioè
potenziata.
Le condizioni di base per cui si
realizza, in generale, un cambiamento è dato sia alla stabilità
- intesa come costanza nel realizzare una condotta percepita da un
osservatore esterno - sia dall’ invarianza, secondo cui, la propria
identità permane nonostante il cambiamento. (Bara G. B., 2007:17) A tale
proposito, sempre Bara precisa quanto segue: “Definisco cambiamento il
fatto che in un tempo diverso, lo stesso soggetto, dato un milieu interno
paragonabile e data un’analoga situazione ambientale, entri in un Pattern Beta
invece che nell’usuale Pattern Alfa. Il Pattern Beta deve essere
significativamente diverso dal Pattern Alfa, in uno o più dei parametri che lo
determinano, e segnatamente nei percetti, nei vissuti e nei comportamenti,
nonché nelle emozioni che li accompagnano. Inoltre, il Pattern Beta deve essere
sentito dal soggetto come preferibile rispetto al Pattern Alfa.” (2007: p. 48)
BIBLIOGRAFIA
MICELI SILVANA - GANGEMI AMELIA,
Psicologia dell’intelligenza, Editori Laterza, 2011
ATKINSON & HIL GARD’S,
Introduzione alla psicologia, Piccin, 2011
BRUNO G. BARA, Dinamica del cambiamento
e del non-cambiamento, Bollati Boringhieri, 2007
M.W. EYSENCK – M.T. KEANE, Psicologia
cognitiva, a cura di M. Bucciarelli con la collaborazione di M. Adenzato – P.
Cherubini – S. Conte – N. Mammarella – O. Parlangeli, Ed. Idelson Gnocchi, 2006
D’URSO VALENTINA - TRENTIN ROSANNA,
Introduzione alla psicologia delle emozioni, Editori Laterza, 1998
2014
ALTAQUOTA E GESTALT PERCETTIVA
Per molte persone un viaggio in aereo è
routine, per altri un evento finalizzato al trasporto in un tempo minimo … per
me è stato un episodio carico di emozioni impreviste. La distanza tra i vari
elementi che osservo da dietro il finestrino risulta difficile da quantificare,
la percezione è in qualche modo ridefinita. Lo spostamento dell’aereo sembra
rallentato. La sopraelevazione mi porta a ridimensionare anche concetti e
pensieri e le preoccupazioni si allontanano, sembrano condizionate in qualche
modo dalla nuova esperienza percettiva che ridimensiona il campo-stimolo.
Il territorio, le coste e tutto il resto si trasformano in un plastico oppure
un vassoio disseminato di case-cioccolatino e le nubi bianche e gonfie in tutta
la loro spumosa leggerezza diventano albumi montati a neve.
Io mi rapporto al concetto di spazio in un modo nuovo. Infatti, le distanze
sono in qualche modo rivalutate a causa della velocità in cui io – mediante
l’utilizzo dell’aereo – mi sposto lungo il rettilineo di volo verso la meta.
La percezione trascende la semplice sensazione: integra-massifica-interpreta
consentendo di dare un senso al proprio essere fisico nell’ambiente.
Personalmente, penso che si possa definire il fenomeno percettivo sulla base di
3 livelli gerarchici.
Livello base – interazione con il campo stimolo – percezione quale sinergismo e
integrazione delle afferenze sensoriali (esperienza visiva, uditiva,
tattile,ect.)
Livello intermedio - interpretazione dell’esperienza basandoci sulla della
teoria della Gestalt che individua delle leggi innate, ossia un bagaglio di
partenza per la comprensione dell’esperienza percettiva. Il campo stimolo viene
codificato in modo descrittivo. Gli elementi costituenti vengono organizzati in
un rapporto reciproco secondo delle leggi della buona forma: ossia, tutto il
campo-stimolo intorno a noi viene classificato basandosi su categorie di
definizione dei
rapporti di forma (per citare alcuni
criteri di base: strutturazione, buona forma, utilizzabilità, ect.)
Livello superiore – l’esperienza viene interpretata sulla base dell’empatia ma
anche delle motivazioni che sottendono l’azione del soggetto percepito.
Il ruolo attivo, del soggetto che percepisce e che integra quindi
cognitivamente l’informazione esterna con l’universo cognitivo interiore - che
lo contraddistingue - è stata approfondita da Jerome Bruner secondo un
approccio motivazionale (1947).
Per Bruner i bisogni e le credenze personali sono determinati fondamentali per
comprendere come sia possibile percepire in maniera distorta ma anche
dissonante elementi e situazioni intorno a noi.
Successivamente, negli anni novanta, in seguito all’eccezionale scoperta
dell’equipe diretta da Giacomo Rizzolatti (neuroscienziato italiano) presso
l’Università di Parma vengono scoperti ed individuati i NEURONI SPECCHIO. Le
ricerche neurofisiologiche, effettuate da questo insigne studioso sui macachi,
si sono dimostrate idonee ad approfondire il funzionamento del cervello nei
primati e a concludere che esistono nella corteccia pre-motoria (area F5) delle
cellule nervose che verrebbero sollecitate e quindi attivate osservando il
movimento eseguito da altri. Ciò consentirebbe di comprendere sia la
motivazione che l’intenzione che muove l’agire dell’interlocutore (elaborazione
dell’informazione).
Questo riferimento, assolutamente necessario, per completare con un ulteriore
tassello esplicativo, il complesso fenomeno della percezione.
BIBLIOGRAFIA
Canestrari Renzo, Godino Antonio – La psicologia scientifica nuovo trattato di
psicologia generale, CLUEB, 2007
Rizzolatti G. – Sinigaglia C., So quel che fai. Il cervello che agisce e i
neuroni specchio, Raffaello Cortina Editore, 2006
Psicologia, Le Garzantine di Umberto Galimberti, Garzanti, 1999
LE SIMBOLOGIE E LE POLARITA’ CORPOREE FEMMINILI NELL’OPERA
DI OVIDIO “LE METAMORFOSI”
Parole chiave: schema corporeo – trasformazione –
dismorfofobia – poema classico
Il fascino infinito del poema epico di Publio Ovidio Nasone “Le Metamorfosi”
trova una ragione determinante nell’essere un testo senza tempo, per la duplice
natura tesa sia a voler ricostruire la storia dell’umanità (dalla narrazione
del Caos alla mutazione di Cesare in astro) in perfetta armonia “con la
tendenza alla Weltgeschichte, alla sintesi di una storia universale, già da
tempo diffusa nella storiografia ellenistica” (Rosati G., 2005:5), sia nel
restituire al lettore, la personalità dei protagonisti alle prese con i propri
drammi esistenziali, la subordinazione alla deità, la lacerante incertezza resa
dal libero arbitrio, l’arrendevolezza alla fatalità dell’esistenza, con
riferimento al rapporto con il proprio schema corporeo interpretabile come “immagine
tridimensionale che ciascuno ha di se stesso”. (Galimberti 1999: 249)
Tale capacità analitica è mediata dall’utilizzo di tematiche che sono
applicabili alla storia di ogni individuo, in ogni tempo e in ogni luogo che
stimola ed accresce - anche grazie alla mediazione simbolica - la capacità
proiettiva ed identificatoria del lettore nel personaggio.
Ne “Le metamorfosi” Ovidio (3-8 d.C.) riadatta, con unità di stile, oltre 250
racconti mitologici provenienti da un vastissimo repertorio di filosofi e poeti
greci e latini, riproponendoli in un poema epico scritto in esametri e
strutturato per gemmazione, in quanto da ogni racconto ne nasce un altro
strettamente collegato (racconto a cornice).
Come si evince dal titolo stesso, il comune denominatore di tali leggende fa
riferimento al tema della trasformazione dalla condizione umana ad una
inferiore come per es. piante, sassi, astri, ma anche fonti in cui il
protagonista pur perdendo la capacità di parlare riesce a conservare la propria
coscienza che acuisce la dolorosità della mutazione perché reprime lo
sventurato all’imprigionamento imperituro e all’afflizione fisica e psicologica
(polarità negativa) o al contrario amplifica la compiacenza di se stesso, in
quanto la nuova condizione gli consente di sottrarsi ad un pericolo mortale,
per cui la nuova vita è vissuta con serenità e possibilità di realizzazione
spirituale (polarità positiva).
In generale, la tematica della trasformazione rientra nella tendenza alla
sacralizzazione metastorica di fatti realmente accaduti che in Ovidio si
esprime principalmente attraverso un’impronta prettamente eziologica della
leggenda narrata, nella quale il corpo media l’efficace comunicazione dei
processi psichici, ben supportata dal pungolante ricorso ad elementi della vita
di tutti i giorni forme animali, piante, ect., abilmente adatta alla
trasmissione iconografica di emozioni profonde e passionali che ben si prestano
ad indurre elaborazioni che riconducono alla dimensione archetipica inconscia.
Il rispetto per il proprio corpo muta in un sentimento di avversione e di
negazione sprezzante nel momento in cui la bellezza è avvertita come fonte di
pericolo (I° L. Peneide trasformata in albero) tanto da desiderare la rovina di
questo: “O Terra spalancati, distruggi il mio aspetto e trasforma questa
bellezza che è causa della mia rovina! E tu, padre, aiutami, se è vero che voi
fiumi avete potere divino! Sfigura questo mio aspetto per cui troppo sono
piaciuta”. (Ovidio, 2005:83)
Ben altre emozioni prova Ino - tramutata in bianca giovenca da Giove che dopo
averne abusato decide di tenerla con se camuffandone la presenza alla moglie
Giunone – regredita a una condizione animale che le impedisce di parlare
(esasperando il legame di dipendenza e sottomissione al proprio carceriere)
“…non appena scorse riflesse nell’onda le corna appena spuntate, venne presa
dal terrore e fuggì follemente la sua stessa immagine…” (89).
Con questa ultima affermazione Ovidio esacerba l’incolmabile contrasto tra
percezione e vissuto, sottolineando con “follemente” l’orrore provato nel
valutare la drammatica discrepanza tra ciò che è il sentire intimamente e ciò
che si è fisicamente nel mondo sociale.
Ovidio si sofferma frequentemente nella descrizione dei capelli, lunghi,
morbidi da pettinare (come quelli di Salmaci o quelli di Medusa, nel Libro 4°,
definiti come “magnifici” p. 277) da districare con un pettine, particolare
apparentemente ovvio, ma su cui lo scrittore induce spesso, lasciando
trasparire un certo narcisismo fisico che viene rafforzato dall’immagine della
protagonista riflessa nell’acqua, rivelatrice di un bel corpo.
Fondamentalmente, gran parte delle metamorfosi sono causate dal rapporto
ambivalente e conflittuale con la sessualità, esperita come bisogno di
controllo dell’altro attraverso la sottomissione sessuale e che induce il
ridimensionamento dell’autostima della vittima, con dispersione della propria
identità.
Tale sorte tocca al figlio di Mercurio e della dea di Citera dopo essere stato
molestato da Salmaci - a cui tenta di resistere con tutte le sue forze –
raggiunge la sfortunata consapevolezza “che le onde in cui si era tuffato come
maschio lo avevano reso un mezzo uomo, rammollendo le sue membra, protese le
mani ed esclamò, con una voce che non era più virile: …<fate che qualunque
maschio venga a questa fonte, ne esca uomo solo a metà e si rammollisca al
contatto di quest’acqua!>”(247)
La violenza di Salmaci, assetata di passione, è travolgente al punto che Ovidio
per descriverla ricorre ancora una volta alla suggestione indotta dalla sovrapposizione
con forme animali e vegetali “…lo avvolse come un serpente che, ghermito
dall’aquila reale e portato verso il cielo, pur sospeso in aria le si attorce
intorno al capo e alle zampe e con la coda le impaccia le ali tese nel volo.
Così suole l’edera rivestire strettamente gli alti tronchi; così sott’acqua il
polipo afferra il nemico e lo trattiene, allungando i tentacoli da ogni parte…”
(245)
In qualche modo, queste mutazioni ridimensionano la portata razionale
dell’azione, spoglia di ogni riflessione e di ogni rispetto per l’altro, spinta
fino all’istintualità primitiva e brutale, in cui vittima e predatore si
muovono ed interagiscono come corpi privi di anima e di capacità logiche
superiori con esternazioni di minaccia: “Lotta pure, cattivo, ma non mi
sfuggirai! Fate, o dei, che mai costui si stacchi da me né io da lui” (245)
declama la crudele Salmaci.
Le figure autoritarie siano esse divinità o monarchi (personificazioni del
Super-io) sono implacabili giudici delle loro vittime giovani, vergini violate
che invece di andar incontro ad una metamorfosi vengono condannate a morte per
la loro perduta virtù, come nel caso di Leucotoe che sedotta dal Sole viene
crudelmente sepolta viva dal proprio padre. (235)
Bibliografia
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Fedeli P., Il Poema delle forme nuove, p. 71 – 92 in Atti del Convegno
Internazionale di Studi Ovidiani, Sulmona 20-22 Novembre 1994 (a cura di
Giuseppe Papponetti), Regione Abruzzo – Centro Ovidiano di Studi e Ricerche,
1997
Galimberti U., Enciclopedia di Psicologia, Le Garzatine, Garzanti, 1999
Ovidio, Le Metamorfosi, traduzione di Faranda Villa G., BUR Biblioteca
Universale Rizzoli, 2005
Pianezzola E., Molteplicità e leggerezza nelle Metamorfosi: per una
decostruzione dell’epicità, p. 55-69 in Atti del Convegno Internazionale di
Studi Ovidiani, Sulmona 20-22 Novembre 1994 (a cura di Giuseppe Papponetti),
Regione Abruzzo – Centro Ovidiano di Studi e Ricerche, 1997
Rosati G., Il racconto del mondo in Ovidio Le Metamorfosi, BUR Biblioteca
Universale Rizzoli, 2005
Atti del Convegno Internazionale di Studi Ovidiani, Sulmona 20-22 Novembre 1994
(a cura di Giuseppe Papponetti), Regione Abruzzo – Centro Ovidiano di Studi e
Ricerche, 1997