2018
CRIMINI E
TERRITORIO. IL GEOGRAPHIC PROFILING
L’ambiente e il territorio sono la cornice dello
spazio-vita delle persone. La familiarità con i luoghi e le regole del vivere
secondo abitudini sono basilari per sviluppare senso di orientamento rapido,
prontezza, disinvoltura. In questo senso, il territorio e lo spazio di vita
abituale sono acceleratori del modus operandi dell’offender che può agire in
maniera estremamente rapida, predatoria ed organizzata. Conosce le strade meno
frequentate e le scorciatoie meno conosciute, dove sono ubicati gli edifici
principali, le grandi arterie di scorrimento del traffico, le vie di fuga più
opportune. Sa dove gli altri si sentono meno protetti, più vulnerabili ed
insicuri. E mentre la prossima vittima cammina con andatura discreta verso il
parcheggio, lungo il marciapiede oppure sulla banchina di un porto lontano,
l’offender l'attende nell’ombra, assaporando crudelmente quell’avanzare verso
la sua invisibile ragnatela in un silenzio fatto di una grandiosità puerile.
In particolare nei crimini seriali, la ripetitività
del reato cioè la la serialità ha reso necessario lo sviluppo di metodiche di
indagine specifiche come il Geographic Profiling. Requisiti minimi di
applicabilità: almeno 5 casi con caratteristiche simili. L’indagine non tralascia di
considerare, il profilo vittimologico, classificando le caratteristiche
ricorrenti che la vittima stessa presenta, una sorta di scheda onnicomprensiva
per circoscrivere gli elementi comuni.
In questa tecnica investigativa è di grande rilievo il costrutto della
routine activity approach (intesa nell’accezione di Cohen e Felsen) secondo cui
la messa in atto dell’azione criminale è influenzata in maniera determinante
dal comportamento abitudinario dell’offender e dall’attività di routine
esercitata dallo stesso. La conferma è data dall’assunto secondo cui maggiore è
la distanza chilometrica dal domicilio del reo, minore diviene la possibilità
che si verifichi il crimine stesso. (Legge del decadimento della distanza)
Il domicilio dell’offender diviene il centro gravitazionale da cui
allontanarsi (moto centrifugo) per poi farvi ritorno dopo il compimento
dell’azione criminale (moto centripeto).
Per questi motivi, Canter parla di democentricità in base alla quale
l’ambiente influenza e giustifica il crimine: infatti i luoghi non vengono
scelti in maniera casuale, ma piuttosto le zone familiari e consuete hanno un
ruolo preminente nell’innesco della dinamica stessa.
I dati raccolti vengono elaborati attraverso la CGT- CRIMINAL GEOGRAPHIC
TARGETING di Rossmo, una tecnica di analisi di tipo quantitativo il cui scopo è
poter individuare possibili azioni future, sulla base dell’analisi delle
coordinate pregresse. Si procede inoltre alla costruzione della mappatura
mentale dell’offender analizzando le modalità esecutive prescelte, il
reiterarsi cronologico del crimine e sua scadenza temporale e infine l’ambiente
fisico in cui si realizza.
Esistono comunque dei limiti nell’utilizzo di questo strumento, come
avvalorare l’ipotesi che l’offender sia un individuo che vive in un luogo
preciso, scartando a priori l’eventualità che possa essere un vagabondo oppure
un individuo che viaggia per motivi di lavoro. Un altro limite sta nell’idea
che la mappa mentale del reo possa essere influenzata esclusivamente da
abitudini e consuetudini (stile di pensiero organizzato) e non da azioni
impulsive (stile di pensiero di tipo disorganizzato).
Proprio per queste ragioni, il GP deve essere considerato un tassello
all’indagine investigativa e non la strategia di scelta principale per
costruire il profiling.
BIBLIOGRAFIA
MONZANI Marco, MANUALE DI CRIMINOLOGIA, Padova,
Libreria Universitaria, 2016
CANTER David, GEOGRAFIA CRIMINALE: SULLE TRACCE DEL
SERIAL KILLER, Torino, CSE, 2009
ROSSMO D. Kim, GEOGRAPHIC PROFILING,
CRC press Book, 2000
2016
LA LINGUISTICA
FORENSE PER L'IDENTIFICAZIONE DELL'AUTORE DI UNO
SCRITTO ANONIMO
Con linguistica forense si intende quello specifico settore della
criminalistica che applica la linguistica all’investigazione. Seppur di
recente introduzione ed estensione a casi giudiziari, l’intuizione sulla
sua validità è di lontana memoria tanto che già nel lontano 1887
Mendenhall mosso dal desiderio di chiarire chi tra Shakespeare
e Bacon fosse l’autore di alcuni testi, decise di utilizzare come
metodo di discriminazione la lunghezza delle parole con cui entrambi erano
soliti esprimersi.
Il contributo al settore giudiziario contemporaneo è mirato ad accertare
l’autore di lettere anonime di minaccia; identificare la
paternità di uno scritto; verificare l’ autenticità di una nota suicidaria,
stabilire il grado di spontaneità di un testimone nel rendere una
dichiarazione, ect.
Il presupposto di base è che se le caratteristiche linguistiche dello
scritto vengono isolate (secondo precisi parametri descrittivi) e poi misurate
e rapportate su base percentuale (frequenze percentuali) e definite in senso
probabilistico allora si potrà rendere affidabile - da un punto di
vista scientifico - l’analisi del testo.
La linguistica ha come obiettivo lo studio e la comprensione delle
caratteristiche e delle manifestazioni che determinano il linguaggio, inteso
quale mezzo di comunicazione e di relazione che utilizza un sistema di segni di
tipo fonetico e grafico CONDIVISO: comunichiamo attraverso suoni e segni che
vengono codificati attraverso una lingua comune.
Il linguaggio ci permette di mantenere i legami, di organizzare gli
avvenimenti sulla base di categorie di tipo simbolico, facilitando
il ragionamento e l’espressione di tutto ciò che sentiamo e pensiamo di quello
che ci accade.
Tutto questo avviene utilizzando un bagaglio di regole di tipo sintattico e
semantico, oltre che pragmatico (le parole vengono scelte ed utilizzate in base
al contesto).
Come la grafia evolve nella nostra vita e si personalizza con l’età
(distinguendosi dal modello di base appreso a scuola) anche il linguaggio
diviene elemento di proiezione della propria personalità con predilezione di
parole, concetti e frasi che veicolano la nostra visione del mondo, esprimendo
atteggiamenti, emozioni, conflitti.
Il linguaggio utilizza uno stile personale che ci definisce in base ad
un indice di stabilità che è dato dalle “parole preferite” cioè quei
termini che sono privilegiati rispetto ad altri, quando parliamo con gli altri.
L’indice di stabilità è del soggetto in se stesso e del suo modo abituale
di essere e diviene indice di discriminazione nel momento in cui
tale modus operandi viene confrontato con quello di un altro
individuo che ha invece il proprio personale stile espressivo e comunicativo e
che userà quindi una terminologia e un linguaggio su misura per lui (pensiamo
all’uso di parole chiave oppure all’utilizzo di neologismi).
L’applicazione in campo forense della linguistica nasce proprio
dall’osservazione di come l’indice di stabilità possa sortire a quadro di
confronto proprio perché elemento di tipicità e unicità è
discriminante (quale distinzione) nel confronto con altro individuo (che
esprimerà un proprio di grado personalizzazione nell’utilizzo delle parole con
cui comunica).
Autori come Morton e Michaelson focalizzarono i loro studi
sull’analisi della mobilità della parola all’interno della frase: una
parola – detta anisotrofica – sarebbe stata collocata in una posizione di tipo
preferenziale rispetto a quello che era il punto mediano dell’intera frase.
Negli ultimi decenni sono state discusse nuove tecniche come quella di
Morton e collaboratori (vedi Canter - Alison 1999) detta tecnica Cusum, che si
basa su una tecnica matematica detta sommatoria cumulativa e tende
all’individuazione delle cosiddette abitudini di chi scrive classificandole in
sottoinsiemi: ad esempio parole lunghe almeno 2-3-4 lettere, parole che
iniziano per vocali, ect. Questa metodologia che prevede una verifica della
“costanza dei parametri nel campo dei modelli di regressione” è
consigliata nel caso si debba procedere ad un confronto multiplo cioè tra più
indagati.
Nel 1994 Aked definisce i controlli dello stile di uno scritto in base alla
tipologia stessa della frase (ad esempio assenza di proposizione), frasi corte
(meno di 21 parole) versus lunghe (con oltre 36 parole), grado di complessità
(ad esempio frasi che presentano più di un verbo con proposizioni dipendenti)
ect.
Se i punti deboli della tecnica Cusum sarebbero dovuti a una definizione
operativa che implica un certo grado di soggettivismo interpretativo dei dati,
in contrapposizione l’analisi degli indici multivariati (vedi Aked 1994, in
Canter - Alison 1999) non si dimostra del tutto forte nell’individuare in
maniera precisa quelli che sono i vettori dei valori principali in senso
probabilistico.
BIBLIOGRAFIA
Marco Monzani, Fabio Benatti, Criminologia, psicologia
investigativa e psicopedagogia forense, Libreria Universitaria Editore, 2015
Pietro Pàstena, Il linguista detective, Relazione
al Convegno Internazionale “CriminalMente” - Prato, Maggio 2007
Salvi G. - Vanelli L., Nuova grammatica italiana, Il
Mulino 2005
Olsson J., Forensic
Linguistic. Crime and the Law, Continuum, London, 2004
Mazzara B. M. (a cura di), Metodi qualitativi in
psicologia sociale, Carocci, 2002
Gibbons J., Forensic
Linguistic: An Introduction to language in the Justice
System, Blackwell Publishing, 2003
Canter D. – Alison L., Il profilo
psicologico, l’indagine investigativa tra teoria e prassi,
Carocci, 1999
2015
IL FALSO GRAFICO E IL
"DNA DELLA SCRITTURA"
Solitamente, il falsario “improvvisato” è colui che, motivato da
un’esigenza personale di profitto o di tornaconto decide, per esempio, di
imitare uno scritto intestandosi un testamento olografo (documento di pugno del
presunto de cuius) oppure apponendo firme in calce ai più disparati documenti,
vuole dissimulare la sua stessa firma. Il suo progetto si basa sul
presupposto che l’imitazione puramente morfologica e quindi calligrafica dello
scritto sia il requisito numero uno per ottenere un risultato corrispondente.
Il falsario osserva la rotondità di certe lettere, le dimensioni e il calibro
di queste, l’oscillazione degli assi (rovesciata/eretta/pendente) finendo con
il realizzare una pura imitazione pedissequa e se possiede un frammento di
tecnicismo, può procedere al ricalco su vetro. Per realizzare il falso grafico
deve necessariamente ridurre la velocità a causa della mancata dimestichezza
con uno stile scrivente a lui alieno, per necessità di aumentare la
concentrazione e l’attenzione necessari a realizzarlo, finendo quindi con
il generare uno scritto che può presentare inevitabilmente anomale sospensioni,
ritmo generale perturbato, disomogeneità marcate.
Ma soprattutto, sfuggiranno del tutto al suo controllo cosciente (in quanto
espressione del processo primario) tutti quei segni che la letteratura indica
come moti fuggitivi/ piccoli segni /segni coattivi e che potremmo definire come
il DNA DELLA SCRITTURA, proprio perché sono segni di alta o altissima
personalizzazione grafica e che definiscono lo scrivente nella sua
irripetibilità.
Come il DNA identifica l’individuo nella sua
complessità ed unicità biologica (componendo uno degli tasselli della scena del
crimine) ugualmente moti fuggitivi, piccoli segni o segni coattivi - cioè
il DNA della scrittura - definiscono uno scrivente nel suo essere unico:
infatti uno scritto spurio può presentare un alto indice di somiglianze
calligrafiche versus fallire nella comparazione di tali segni. Alcuni esempi:
il segno scattante, i ricci, gli uncini, occhielli doppi oppure con
angolosità marcate, paraffi, interlettera, ect.
2014
STILI DI COPING NELLA
DONNA VITTIMA CONOSCIUTA
L’essere umano violento sia esso uomo oppure donna che
perpetri un crimine, sia all’interno della coppia che in un contesto estraneo,
è comunque sempre – in ogni caso – convinto che ciò che desidera deve essere
conquistato anche a prezzo della vita di coloro che si oppongono.
Nonostante le più recenti indagini statistiche ci mettano di fronte al
drammatico aumento dei casi di violenza all’interno della coppia, parallelamente
permane il dramma del cosiddetto numero oscuro, ossia di quei fenomeni reali di
cui non si ha conoscenza proprio perché taciuti e nascosti.
Nivoli G.C. et altri (2005 p. 75-6) individuano alcuni step significativi che
precedono la realizzazione dell’evento criminoso. In principio, la relazione
psicologica con la vittima viene rivisitata. La donna viene trasformata in un
oggetto cattivo ed in questo modo vengono a cadere tutti i freni inibitori e i
tabù morali che preservavano il rispetto e l’amore di un tempo. Il fatto che la
donna venga vissuta negativamente giustifica nel criminale l’espressione di
maltrattamenti, aggressioni, vessazioni.
Nella seconda fase, la donna viene percepita come una persona potenzialmente
minacciosa. Infatti, il criminale si convince che la donna ostacola la
realizzazione delle proprie aspirazioni, divenendo un ostacolo intollerabile
che va controllato e/o risolto.
Nella fase finale, il criminale passa all’azione, mettendo in atto tutta la sua
aggressività sulla base del convincimento che non ci siano possibilità
alternative.
Wilson C. afferma che i crimini sono “la cartina tornasole della stabilità di
una società” (2008:519) e coloro che li perpetrano sono pressati da una
tensione fortissima e fuori controllo. Per Wilson C. (ibidem) “…Se si verifica
un nuovo, raccapricciante tipo di crimine, un tipo mai conosciuto prima di
allora , questo non va considerato come una deviante causalità, non più di
quanto lo scoppio di una nuova malattia vada sottovalutato e liquidato come una
stranezza della medicina..”
Esperimenti come quelli di Calhoun– citato sempre da C. Wilson – ha evidenziato
come le reazioni dei ratti alla sovrappopolazione abbia generato condotte
estreme quali cannibalismo e fenomeni di stupro.
Nella psicologia della violenza sembrerebbe quindi che uno degli elementi
chiave di innesco stia nella modalità con cui i vissuti emozionali rinforzano
la giustificazione del proprio agire: è il modo in cui si sente l’altro e/o si
interpreta l’interazione nei propri confronti quello che manda in tilt il
criminale. Il cattivo per lui è l’altro, parliamo semplicemente di proiezione,
uno dei meccanismo di difesa primitivi.
Tra i fattori precipitanti vanno considerati coloro che hanno tratti di
personalità masochista con inclinazioni quindi alla sottomissione, con
conseguenze estreme, come accettare e subire soprusi sia di tipo psicologico
che fisico; ma anche convinzione che l’evento sia dovuto ad un destino sinistro
e crudele a cui non è possibile trovare una via d’uscita, infine vanno considerati
quei soggetti che potremmo classificare come sensation seekers.
In alcuni casi di femminicidio rimbalzati recentemente in cronaca si osserva il
cosiddetto fenomeno di “ammutinamento della vittima” (Van Vogt in Wilson C.,
2008:69).
Ossia, in seguito alla decisione presa dalla vittima di lasciare il suo
carnefice, questa si allontana e scompare dalla vita dell’uomo che
improvvisamente vive un feroce attacco alla propria autostima con sensazione
lacerante di svalutazione del proprio ruolo, della propria mascolinità. Se si
verifica il riavvicinamento, si passa alla “fase della luna di miele” densa di
promesse, colma di tenerezza in cui lui sale sul palco e recita la sua parte
migliore quella dell’innamorato perso, vittima delle circostanze, di un amore
senza fine.
La riconciliazione alimenta il narcisismo maligno dell’uomo con rivendicazioni,
minacce, manovre psicologiche che alimentano forti sensi di colpa nella donna
che molto velocemente ritorna ad uno stato di sudditanza psicologica verso il
suo carnefice.
Nel tempo si realizza il fenomeno dell’impotenza appresa, secondo il quale, la
donna in seguito a reiterati episodi di punizione non riesce più a rispondere
in maniera adattiva alle esperienze. (Per approfondimenti con quello che è
l’instaurarsi del fenomeno depressivo si rimanda agli studi di Martin
Seligman).
La donna pensa che la situazione dolorosa in cui si trova sia unicamente dovuta
a sue mancanze: lei è la sola responsabile di quello che le accade, rinforzata
in questo convincimento dai continui e martellanti rimproveri di lui.
Pensa che non potrà più esserci niente di buono e di positivo nella sua vita,
si rassegna, diventa come un giocattolo, la sua anima è svuotata, messa
nell’angolo e con il tempo tutti i suoi progetti esistenziali.
I sogni nel cassetto si spengono dentro di lei: si dimentica di esistere.
La dipendenza economica che ci può essere in situazioni di questo tipo è un
elemento molto forte che ostacola ulteriormente lo svincolo fisico e
psicologico di colei che sottomessa, non riesce più a concepire possibili,
efficaci, soluzioni alternative per la propria vita.
BIBLIOGRAFIA
Nivoli G.C.- Lorettu L.- Milia P.-Nivoli A.-Nivoli L.F. Vittimologia in
Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica, Masson 2005
Hansell J. – Damour L., Psicologia clinica, Zanichelli, 2007
Wilson Colin, Storia criminale del genere umano.
Storia mondiale dell’omicidio, del terrorismo e della rapina a mano armata,
Newton Compton Editori, 2008
TRE MILLENNI DI
CRIMINE
Per lo studioso di criminologia, l’analisi del crimine è l’elemento di base
per definire lo stato generale della società, nel momento contemporaneo del
divenire storico.
Il crimine consente di testare il polso dell’insoddisfazione dell’uomo comune.
Se è vero che non tutti gli insoddisfatti diventano criminali è vero che molti
individui pervasi dalla frustrazione e dal senso di vuoto preferiscono
espressioni alternative, seppur illecite.
Anno dopo anno, di pari passo ad un progresso tecnologico accelerato e sempre
più sofisticato, la nostra civiltà viene sollecitata da nuove e complesse
esperienze percettive in una sorta di bombardamento informazionale che si
realizza attraverso l’esposizione a programmazioni televisive e canali di
comunicazione ad ogni livello (dal libro cartaceo a quello digitale,
all’interscambio dei social network che hanno azzerato ogni limite e distanza).
Simultaneamente, si assiste ad un impoverimento dell’esperienza fisica e del
contatto con la natura e con gli elementi fisici dell’esistenza stessa. Ecco
che questo dislivello tra ipercompensazione percettiva e ipo-esperienza fisica
genera quel sottile, lento, subdolo ma continuo sentimento che – nonostante
tutto – manchi qualcosa alla propria vita.
Durante le guerre, nel caos che dilaga, nessuno ha più modo di sprofondare
nell’apatia e nel tedio di una giornata tipo, sempre uguale, identica a quella
che l’ha preceduta.
Prigioniero dell’abitudine, dell’impoverimento con l’ambiente naturale, l’uomo
reagisce al timore dell’annientamento in un modo molto materiale, ricercando
anche, esperienze sessuali senza coinvolgimenti sentimentali.
Questo in breve quanto affermato da Colin Wilson in quello che è stato
l’imporsi del crimine sessuale: una sorta di reazione a un ambiente vissuto in
maniera minacciosa col rischio di mettere in gioco la sopravvivenza di se
stessi.
Egli osserva come nei crimini perpetrati da una coppia anche di genere sessuale
differente, esista un livello di forte dominanza contrapporsi a quello di media
dominanza e non è detto che la forte dominanza sia sempre quello maschile!
Colin Wilson la definisce la “sindrome della dominanza” che detta in termini
semplicistici potrebbe essere analizzata come la “psicologia del partner
sottomesso”.
Interessante è meno scontata di quello sembra, è la sua citazione di
Durkheim (2008, p. 49) il quale sottolinea come “agli esseri umani servono dei
limiti sociali per poter essere equilibrati e sani di mente”.
Wilson riprende la teoria della motivazione umana di Abraham Maslow (anni
sessanta) secondo la quale l’uomo agirebbe mosso da bisogni prevalenti ,
definiti in base ad una gerarchia.
Stante che al livello inferiore si trova quello fisiologico contraddistinto
dalla necessità di mangiare e nutrirsi, si passa poi a quello successivo
definito dalla necessità di sicurezza. Dopodiché si accede alla fase di
appartenenza e infine a quella del bisogno di riconoscimento e di stima.
Questa gerarchia sempre secondo Colin Wilson rappresenta in maniera appropriata
l’evoluzione del crimine nella storia dell’uomo.
Ossia, di pari passo con il progresso e il suo impatto sulla civiltà, l’evento
criminoso diviene la necessaria conseguenza per imprimere la propria
autoaffermazione nel mondo a qualunque condizione e con qualunque conseguenza.
Noia, allentamento dei legami sociali importanti che ancorano fortemente alla
realtà ed ecco che subdolamente la mente incomincia a funzionare obnubilata da
una sorta di “pensiero magico” che in qualche modo fornisce una giustificazione
alla violenza. (2008:533) Tale pensiero magico trova espressione in un settore
delimitato della vita della persona e non nel complesso: ciò ci fa comprendere
il motivo per cui parenti e amici possono trovare l’individuo assolutamente
normale!
BIBLIOGRAFIA
WILSON COLIN, STORIA CRIMINALE DEL GENERE UMANO, NEWTON COMPTON EDITORI, ROMA,
2008
ELIOT R. SMITH – DIANE M. MACKIE, PSICOLOGIA SOCIALE,
ZANICHELLI, 2004